La Giornata Internazionale della Donne 2008 ha rivolto un messaggio anche alla cooperazione allo sviluppo italiano. Lottare contro fame, AIDS e le diverse forme di esclusione sociale non può non misurarsi con la “dimensione di genere”.
Come tradurre queste convinzioni in programmi di azione concreti? Fino a qualche anno fa si pensava che la soluzione alle differenti forme di oppressione che variamente limitano le scelte delle donne fosse di realizzare progetti che le coinvolgessero o che fossero a loro espressamente dedicati. Ma si è visto che non basta, almeno non se si ambisce a sradicare davvero le cause di impoverimento e disuguaglianza e raggiungere entro la data fissata del 2015 gli 8 Obiettivi del Millennio fissati dalle Nazioni Unite otto anni fa. Bisogna lavorare innanzi tutto perché bambine, ragazze e donne possano iniziare un processo di rafforzamento della fiducia in se stesse, nelle loro capacità e di costruzione della consapevolezza di essere titolari di diritti inviolabili. Occorre d’altra parte lavorare con gruppi e movimenti perché la dimensione collettiva della rivendicazione per l’eguaglianza possa portare mutamenti a livello legislativo dove ancora mancano gli strumenti giuridici adeguati. Infine indispensabili sono le campagne di sensibilizzazione contro i pregiudizi e gli stereotipi che spesso sono alla base di discriminazione e violenza. Tutto questo rientra in un approccio che fa dell’empowerment delle donne la chiave di volta degli interventi di cooperazione e non si accontenta di misure a tutela delle donne o al loro mero coinvolgimento tra i beneficiari.
Un ruolo cruciale in questo senso può essere giocato dai soggetti politici responsabili delle politiche di cooperazione italiana. ActionAid, in collaborazione con il Centro di Ricerca Universitario CIRPS-Sped ha realizzato una ricerca che analizza criticamente l’assunzione della dimensione di genere da parte del Ministero degli Affari Esteri e della Direzione Generale Cooperazione allo Sviluppo, che è stata presentata il 6 marzo a Roma. I risultati del rapporto dimostrano quanto sia essenziale innanzi tutto che i diritti delle donne siano riconosciuti dalle istituzioni come centrali per il perseguimento di programmi di sviluppo sostenibili ed efficaci e che le discriminazioni di genere siano assunte come elementi di comprensione irrinunciabile delle realtà locali in cui si opera. Per questo si rendono necessari investimenti nella formazione di genere e sforzi mirati a diffondere strumenti e metodologie che illuminino le varie fasi dei progetti di sviluppo. Perché l’aumento delle risorse (umane e finanziarie) sia apprezzabile è utile fissare degli obiettivi quantitativi e qualitativi sugli stanziamenti di aiuto pubblico allo sviluppo, prendendo a modello altri donatori particolarmente virtuosi in materia. Lo stesso può valere per l’implementazione di Risoluzioni e Convenzioni internazionali (una per tutta la Risoluzione 1325 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite su “donne, pace e sicurezza”) che necessitano di piani di azione e monitoraggio nazionali affinché non restino solo velleitari impegni sulla carta. In ultimo l’empowerment delle donne sarebbe meglio perseguito se si promuovessero sinergie tra diversi Ministeri (Affari Esteri, Pari Opportunità, Economia, Ambiente) e tra forze politiche (come Parlamento ed Enti Locali) a partire da una visione strategica coerente e unitaria. E’ nostro auspicio in questa particolare congiuntura della politica italiana che gli eletti e le elette della prossima legislatura che più da vicino si occuperanno di tematiche di solidarietà e cooperazione internazionale facciano della dimensione di genere e del protagonismo delle donne un punto centrale della loro iniziativa parlamentare. Il 2008 è un anno cruciale perché esperti in diverse sedi (nazionali ed internazionali) lavoreranno all’evoluzione delle forme dell’aiuto pubblico allo sviluppo: il potenziamento di un’analisi di impatto sulla condizione femminile e il rafforzamento del protagonismo delle donne nei processi decisionali potrebbero costituire elementi di miglioramento dell’intero sistema di cooperazione. ONG, associazioni, mondo accademico, giornalisti, funzionari pubblici possono interrogarsi sui progressi che la lotta alla povertà sta facendo per eliminare le discriminazioni di genere e rilanciare l’impegno per un mondo più giusto anche nelle relazioni tra uomini e donne.
Per scaricare il rapporto http://www.actionaid.it/pages/429.jsp
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