martedì 13 luglio 2010

ONG e cooperazione Italiana: consultazioni strategiche e arretrati

Alla fine di giugno si è tenuta una prima riunione di un tavolo multistakeholder sulla cooperazione allo sviluppo convocata del Ministero per gli Affari Esteri e Ministero dell’Economia. Sono stati invitati tutti i ministeri che si occupano di cooperazione allo sviluppo, fondazioni bancarie, cooperative, ONG e attori del privato. L’obiettivo del tavolo che, inizierà a riunirsi dopo l’estate, è quello di contribuire a elaborare un documento condiviso di visione della cooperazione allo sviluppo, come richiesto dalla Peer review del DAC, e avviare iniziative concrete in alcuni Paesi come Mozambico e Tunisia

Poco tempo dopo, durante la riunione tra Direzione Generale cooperazione allo sviluppo e ONG che si tiene semestralmente per fare il punto dell’andamento del dialogo sui progetti realizzati dalle ONG, la DGCS ha reso noto che, a causa del ritardo sulle più di duemila pratiche amministrative, le ONG vantano un credito verso l’amministrazione pubblica per circa 30 milioni di euro, maturato nel corso di quindici anni. Per smaltire le pratiche arretrate in un anno sarebbe necessaria l’iniezione di 10 nuovi contabili dedicati a tempo pieno, ma mancano le risorse finanziarie.

venerdì 9 luglio 2010

Decreti Missioni 2010: -20% per la cooperazione allo sviluppo

Il Decreto Legge 102/2010 per la proroga di sei mesi delle missioni di pace e degli interventi di cooperazione fino alla fine del 2010. Ad integrazione delle disponibilità della cooperazione allo sviluppo (L49/87) sono stati previsti 28 milioni di euro per il secondo semestre (luglio-dicembre) che si aggiungono ai 44 milioni di euro dei primo semestre per un totale di 72 milioni di euro nel 2010, contro i 90 milioni del 2009 e i 94 milioni i euro nel 2008. Il decreto missioni del secondo semestre 2010 ha disponibilità finanziarie complessive inferiori del 12% rispetto a quello del primo semestre. Per gli interventi di cooperazione allo sviluppo, tra 2009 e 2010 si registra una riduzione complessivadel 20% e del 36% tra primo e secondo semestre 2010. Tra primo secondo semestre 2010 c’è stata una riduzione delle disponibilità del 15% per l’Afghanistan e del 57% per gli altri teatri (Libano, Iraq, Sudan, Pakistan, Somalia).

giovedì 24 giugno 2010

Cosa è accaduto alle promesse Italiane al G8 per l’aiuto pubblico allo sviluppo?

Cosa è accaduto alle promesse G8 per l’aiuto pubblico allo sviluppo, in particolare a quelle dell’Italia?Giustifica Lo stato d’avanzamento degli impegni pubblicato sotto presidenza G8 canadese è un passo in avanti poiché almeno raccoglie in un unico documento quello che i G8 affermano di aver fatto per ciascun impegno, anche se manca di validazione esterna dei dati.

Dall’analisi emerge l’impegno limitato dell’Italia rispetto ai partner G8: ultima per aiuto pubblico sul PIL - 0,16% a fronte di una media dello 0,26%. L’Italia si giustifica riferendosi alla crisi economica e, riaffermando il suo impegno a raggiungere lo 0,7% del PIL nel 2015, si impegna a aumentare gli stanziamenti per l’aiuto una volta che nuove risorse siano disponibili per il bilancio. I fatti mettono in dubbio questo impegno: tra 2008 e 2009 quando l’aiuto pubblico allo sviluppo italiano si contrae del 30% il bilancio cresce del 3,4%.

Rispetto all’impegni sui singoli temi: nel finanziamento della risposta all’HIV/AIDS l’Italia è l’unico Paese a non aver versato niente al Fondo Globale per la lotta all’AIDS nel 2009, il suo impegno specifico sulla tubercolosi si è dimezzato nell’ultimo anno, quello per l’eradicazione della poliomelite è pari a solo a due milioni di dollari, sempre ultima nel G8. Infine il suo impegno straordinario a far fronte all’emergenza alimentare finanziando l’iniziativa nata al G8 de L’Aquila è la metà di quello dell’Australia, quasi pari a quello dell’Olanda. L’Italia è l’unico membro G8 a non fornire sostegno finanziario alla diffusione e radicamento dell’iniziativa volta a combattere la corruzione nel settore estrattivo nei Paesi in via di sviluppo.

martedì 15 giugno 2010

Gli investimenti italiani a sostegno dell'Educazione Universale

Il 7 luglio in Sud Africa si terrà il il Vertice Mondiale per l'educazione che, tra l'altro, ha l'obiettivo di rendere pubbliche gli impegni dei Paesi donatori all'inziativa per l'educazione per tutti, nata nel 2002.

Il contributo italiano è stato sempre piuttosto basso: per il 2007 e per il 2008 era stato di 3 milioni. Nel 2008 si tocca l'apice dei 10 milioni di euro, deliberati a fine 2008, che includevano anche il contributo 2009. Sui due anni l'Italia aumentava il suo contributo dai 3 ai 5 mlioni di euro l'anno.

Nel 2010 il contributo torna a essere di 3 milioni di euro ed è stato erogato nelle prime settimane del 2010.

martedì 20 aprile 2010

ITALIA ULTIMA TRA I PAESI DONATORI NELLA CLASSIFICA OCSE

Roma, 14 aprile 2010 – Nell’anno della presidenza italiana del G8 il dato relativo agli stanziamenti dell’aiuto pubblico allo sviluppo del nostro Paese, stando ai dati diffusi oggi dall’OCSE, è il peggiore tra tutti i donatori e raggiungerà solo lo 0,16% APS/Pil, come avvenne già nel 1994.

Questo dato non sorprende per i tagli previsti dalla finanziaria del 2009 che ha colpito fortemente le risorse che il Ministero degli Esteri dedica alla cooperazione, con una flessione di oltre il 56%. Quella italiana è la maggiore contrazione nella spesa in APS (-31%) anche tra tutti i paesi che maggiormente hanno sofferto la crisi economica e che, di conseguenza, hanno dovuto ridurre l’aiuto: l’Irlanda si attesta ad esempio su un -18%, la Grecia su -12%. Nonostante le difficoltà economiche, invece, altri donatori hanno accresciuto il loro livello di aiuto: per gli USA c’è un +5,4% e per il Regno Unito siamo ad un livello di crescita di oltre il 12%.

L’Italia si è tirata indietro proprio nel momento in cui la crisi economica ha maggiormente colpito i paesi in via di sviluppo e ha compiuto una scelta certamente non coerente con il ruolo assegnato al nostro Paese nella presidenza del gruppo degli Otto paesi più industrializzati del mondo.

Ad oggi il dato dello 0,16% Aps/Pil è ben lontano da quanto previsto nel DPEF 2008-2001, secondo cui la quota dell’Aiuto allo sviluppo avrebbe dovuto rappresentare lo 0,42% del Pil. Questo significa una grave crisi di credibilità internazionale per le promesse non mantenute: nonostante quanto affermato pubblicamente dal Presidente del Consiglio nel corso del G8 de L’Aquila, ad oggi restano ancora non pagate le quote 2009 del Fondo Globale per la Lotta all’Aids.

Elaborazione ActionAid su dati OCSE

lunedì 15 marzo 2010

Influenza e investimento dell'aiuto bilaterale italiano

Nel 2008, il 45% dell’aiuto bilaterale italiano è stato destinato all’Iraq, seguito in ordine dall’Afghanistan con il 6,3%, la Palestina col 3,8%, l’Etiopia e il Libano, entrambi con il 3,5%. Si tratta di Paesi che sono definiti come prioritari dalle Linee guida triennali della cooperazione italiana. Tuttavia, oltre l’investimento assoluto, essere un donatore rilevante- per esempio tra i primi 10 – dipende dall’aiuto canalizzato anche dagli altri donatori. Dei prima cinque Paesi dove massimo è stato l’investimento Italiano, solo in Libano e Iraq, l’Italia è tra i primi 10 donatori più importanti, dal punto di vista finanziario. La sorpresa è che i paesi dove l’Italia risulta essere il primo donatori in termini di aiuto sono le isole di San Vincente e Kitts – non prioritarie per la cooperazione italiana - dove con cancellazioni del debito 20 e 156 milioni di euro diventa il primo donatore. Sempre altre operazioni di remissione del debito permettono all’Italia di essere il quarto donatore più importante in Iraq o i Sierra Leone – quest’ultima non paese prioritario. Con investimenti inferiori al milione di euro, ma grazie al fatto che l’aiuto pesa sulle loro economie nazionali meno dello 0,5% sul PIL, l’Italia si trova solo al quarto posto in Argentina, Angola e Libia. L’Italia ritrova la coerenza tra investimento, livello priorità e rilevanza finanziaria in Libano ( con 66 milioni di dollari), Albania (32 milioni di dollari), Tunisia (18 milioni ). Sono tutti Paesi prioritari per la cooperazione, dove l’Italia conquista il sesto posto.

martedì 23 febbraio 2010

Frustate le ambizioni EU a casua dell'Italia

Il 17 febbraio, il DAC ha presentato le proiezioni dei livelli d’aiuto per il 2010, l’anno scadenza per il raggiungimento di alcuni obiettivi internazionali. Secondo le stime del DAC - per ActionAid ancora ottimistiche - l’Unione Europea nel 2010 mancherà l’obiettivo collettivo d’aiuto dello 0,56%, con un ammanco di 10 miliardi di dollari. L’ambizione dell’Unione di essere leader mondiale affidabile in termini di aiuto pubblico allo sviluppo viene frustrata dal suo 0,48%, con molti paesi membri che, come l’Italia, non hanno raggiunto l’obiettivo individuale dello 0,51%. La distanza dallo 0,56% sarebbe potuta essere ben più grande se altri paesi, come Finlandia, Belgio, Danimarca, Irlanda, Svezia e Regno Unito non avessero deciso di superare lo 0,51%.

L’Italia viene stimata dal DAC allo 0,20% del PIL, incluse tutte le cancellazioni del debito che quest’anno dovrebbero essere superiori rispetto al 2009 (quasi un terzo dell’aiuto nel 2010, contro appena il 4% del 2009). Secondo le stime di ActionAid il dato probabile è uno 0,18%. In concreto, l’Italia è responsabile del 40% del fallimento delle ambizioni dell’Unione europea. Il rapporto italiano APS/PIL per il 2009 è stimato allo 0,17% - uno 0,16% al netto del debito contro uno 0,13% netto per il 2010 – con una contrazione del 19%.

La contrazione dei livelli d’aiuto è dagli analisti internazionali per tutti i donatori. Secondo le attuali proiezioni DAC, l’aiuto avrebbe toccato il picco nel 2008 e già il dato complessivo per il 2010 indicaherebbe una contrazione. Il quadro di crisi economica internazionale contribuisce a spiegare la previsione al ribasso. Secondo uno studio della Banca Mondiale, l’aiuto potrebbe contrarsi fino al 25% nel decennio successivo alla crisi. Le stime sono basate solo sulle scelte fatte in passato dai donatori nei momenti di crisi economica. In contro tendenza, per il 2010 l’Amministrazione USA ha scelto di incrementare gli stanziamenti per l’aiuto pubblico allo sviluppo del 15%. E’ importante precisare che le stime della Banca Mondiale non riflettono né giustificano i bassi stanziamenti italiani di questi ultimi anni poiché i livelli d’aiuto italiani sono stati sempre ben al di sotto delle possibilità economiche del paese, anche in fasi di crescita non ci si è mai allontanati dallo 0,20%. Tenendo conto dell’attuante economica e degli indicatori economici, l’aiuto italiano al netto delle cancellazioni non dovrebbe essere inferiore allo 0,27%.

lunedì 8 febbraio 2010

Gli stanziamenti dell'aiuto italiano 2009

Dall’analisi delle iniziative di cooperazione pubblicate sui bollettini ufficiali della cooperazione allo sviluppo è possibile stimare le priorità della cooperazione italiana. Sulla base delle iniziative deliberate nel 2009, più di 500 milioni sono stati impegnati per il triennio 2009-2011 - il 74% in iniziative a dono ed il 26% a credito.


Le aree geografiche che complessivamente hanno ricevuto la maggioranza degli stanziamenti sono il Medio Oriente (21%) e l’Asia (19%); l’Africa ha ricevuto solo il 8,3%, sebbene la programmazione triennale 2009-2011 si fosse impegnata ad allocare all’Africa sub-sahariana il 50% dei nuovi stanziamenti. Il 55% dei prestiti è stato deliberato a favore del Medio Oriente. Il 6,3% è stato deliberato a favore delle ONG ed il 2% in assistenza tecnica. Il 28,2% dell’aiuto viene riportato come legato. Per quanto riguarda le priorità del finanziamento degli obiettivi del Millennio, il 25% degli stanziamenti ha finanziato l’MDG 1, seguito da MDG 7 per il 3,5% e MDG 4, il terzo per risorse ricevute.

giovedì 28 gennaio 2010

Frammentazione aiuto italiano

Recentemente il DAC ed il Centro di sviluppo OCSE hanno pubblicato due studi sulla frammentazione dell’aiuto. Il DAC ha analizzato la frammentazione geografica, tentando di trovare una soglia finanziaria che possa stabilire se una relazione tra donatore e beneficiario può definirsi significativa. Secondo la soglia individuata dal DAC, la frammentazione dell’aiuto italiano e aumentata tra il 2004 ed il 2008,in linea con la tendenza generale dei donatori. Lo studio suggerisce che la cooperazione italiana riduca ulteriormente di un terzo i paesi prioritari delle attività di cooperazione, portandoli a 19.

L`analisi del Development Center si concentra sulla frammentazione settoriale, con lo scopo di valutare se concentrando gli investimenti i Paesi donatori abbiano dimostrato la volontà di costruirsi una nicchia settoriale. Per la cooperazione italiana, il settore con minor frammentazione risulta quello dell’investimento nel settore produttivo, risultato che accomuna la cooperai zone italiana agli altri piccoli donatori. Dall’analisi dettagliata condotta per le iniziative nel settore sociale, l azione di cooperazione italiana risulta particolarmente frammentata per le iniziative sanitarie e di igiene.

Infine la Commissione europea ha prodotto una analisi che mira a stimare il risparmio economico per i donatori derivante da una ristrutturazione gestionale dell’aiuto secondo i criteri dell’efficacia. Applicando una metodologia piuttosto debole, lo studio stima un risparmio che si aggirerebbe tra 3 e 6 miliardi di euro annui a livello europeo, mentre sarebbe stimabile attorno ai 160 milioni di euro per l Italia.

mercoledì 20 gennaio 2010

Esame OCSE per la cooperazione italiana

Qual è lo stato di salute della cooperazione allo sviluppo italiana? Il suo intervento è efficiente ? Si va verso un miglioramento o un peggioramento dei risultati? Sul tema non mancano le opinioni opposte. Un giudizio obiettivo e diplomaticamente misurato viene dal Comitato di aiuto pubblico (Dac) dell’Ocse, che il 19 gennaio presentato a Roma l'esame della cooperazione italiana e indicato al nostro governo un insieme di raccomandazioni per rilanciarla.

RACCOMANDAZIONI DI IERI E DI OGGI

Era il 2004 quando la cooperazione allo sviluppo italiana è stata sottoposta per l’ultima volta allo stesso esame. Allora il Dac aveva espresso preoccupazioni per l'operato dell’Italia e aveva indicato tredici riforme relative a vari ambiti (politico, legislativo, strategico, gestionale) da realizzare entro il 2009. Da quelle stesse raccomandazioni riparte l’esame di quest’anno, con la constatazione che restano in gran parte valide. Il documento rileva che per quattro anni non è stato iniziato alcun processo di modernizzazione: solo nel 2008 la cooperazione italiana ha avviato alcune riforme di carattere amministrativo.

Sono state completamente disattese le “grandi riforme” richieste nel 2004, quali l’approvazione di una nuova disciplina legale per la cooperazione e un investimento finanziario in linea con gli impegni sottoscritti dall’Italia a livello internazionale.
Il Dac rileva che non esiste ancora un ampio consenso politico su come arrivare a una riforma della normativa, nonostante il tentativo promosso nella scorsa legislatura. Mentre all'inizio di quella attuale il ministro degli Affari esteri, con delega per la cooperazione allo sviluppo, aveva promesso di presentare un testo di riforma all’esame parlamentare, ma per il momento niente s’è mosso. Il Dac si limita allora a ripetere la raccomandazione del 2004: approvare urgentemente la riforma della normativa della cooperazione allo sviluppo.

Sulla questione dell’investimento di risorse finanziarie, il giudizio del Dac non lascia spazio a interpretazioni. Rende ufficiale che l’Italia mancherà di molto l’obiettivo europeo per il 2010 per risorse destinate allo sviluppo, lo 0,51 per cento del Pil. E, più grave, sarà tra i paesi responsabili del fallimento di tutta l’Unione Europea, che aveva promesso di destinare all’aiuto lo 0,56 per cento del Pil dell’Europa a 15. La raccomandazione è quella di presentare un piano d’incrementi di lungo periodo che consentirà all’Italia di avere un programma di cooperazione credibile, come nel 2004.
Scarso investimento politico-finanziario e inadeguatezza della normativa contribuiscono a spiegare anche altre carenze messe in evidenza dal documento:

* l’assenza di una visione strategica d’insieme e di valutazioni sistematiche per i programmi di cooperazione allo sviluppo dal 2002
* l’insufficiente coordinamento tra ministero degli Affari esteri, ministero dell’Economia, ministero dell’Ambiente, dipartimento della Protezione civile e amministrazioni locali per le iniziative di cooperazione allo sviluppo
* la progressiva riduzione del personale tecnico per la cooperazione allo sviluppo
* una programmazione geografica inattuata, con l’Africa Sub-sahariana che vede ridurre progressivamente la quota d’aiuto italiano nonostante sia regione prioritaria dal 2005
* nessun progresso sulla questione della coerenza della politiche tra le relazioni esterne dell’Italia e gli obiettivi della cooperazione allo sviluppo.

La maggior parte delle misure non realizzate sono a “costo zero”, ma lo scarso investimento finanziario ha un peso. È il segnale del disinteresse della classe politica e del progressivo smantellamento della struttura della cooperazione allo sviluppo, che non trova ragioni e motivazioni per riformarsi profondamente dal suo interno ma procede per inerzia, a vista.

CHE FARE?

Il Dac prescrive una cura completa di riforme da somministrare nell’arco di quattro anni, ma non fa i conti con il fatto che le nuove sedici raccomandazioni possano restare inattuate come quelle del 2004 per negligenza e per oggettiva difficoltà di una struttura indebolita. Non è previsto alcun meccanismo che ogni anno verifichi lo stato d’attuazione della raccomandazione e neppure si prevede un fase d’accompagnamento che, per esempio, calendarizzi anno per anno le riforme indicate per il quadriennio.

Il meccanismo non prevede sanzioni per inadempienza che attirino l’attenzione dell’opinione pubblica e costringano la politica e soprattutto l’esecutivo ad agire. Molto dipende dal peso dato al processo di esame dalla leadership politica. La semplice constatazione che né il ministro degli Affari esteri né alcun sottosegretario all'Economia abbia incontrato il gruppo di esaminatori del Dac durante la loro visita in Italia, non spiana la strada alla attuazione delle raccomandazioni.
In più, presentare un giudizio duro accompagnato da una lista di riforme eccessivamente lunga senza indicare le priorità genera quasi l’impressione che la cooperazione italiana sia sottoposta a un commissariamento da parte dell’Ocse. La probabilità che i risultati siano rigettati appieno è elevata. Il Dac si trova a svolgere un ruolo di mediazione difficile: tentare di persuadere il nostro paese che la sua cooperazione deve realizzare una sorta di “aggiustamento strutturale” senza predisporre alcun incentivo immediato per avviare le riforme.
Ma una priorità si può comunque ricavare dalla lista delle raccomandazioni: l’Italia dimostri l’impegno della sua leadership politica nel riformare e finanziare un programma di cooperazione allo sviluppo credibile e affidabile. Serve dunque un forte segnale di cambiamento, per riconquistare la fiducia dei cittadini verso il sistema. ( allora la lista di raccomandazioni da realizzare nel primo anno si riduce a quattro: 1) incrementare progressivamente l’investimento finanziario, 2) riavviare il dibattito parlamentare sulla riforma legislativa, 3) eliminare le incoerenze 4) realizzare valutazioni d’impatto.

I LIMITI DEL DAC

Certo, riforme proposte da esami tra pari, basate sull’adozione di buone pratiche internazionali, hanno più probabilità di essere realizzate se riguardano questioni tecniche, dove esiste una comunità di esperti che si richiamano a standard condivisi. ( Questo tipo di cambiamento per mimesi ha scarsa efficacia quando affronta questioni politiche o valoriali profonde o presenta raccomandazioni troppo generiche. Nel caso degli esami della cooperazione del Dac, questo limite è evidente soprattutto in Italia, che ha pratiche di cooperazione così diverse da quelle degli altri membri Ocse.

La peer review del Dac dovrebbe forse abbandonare le ambizioni politiche e limitare la sue raccomandazioni alle questioni tecniche, cercando di stabilire un rapporto continuo con gli esperti della cooperazione. Ma al di là dei limiti dell’esercizio Dac, l’Italia e in particolare i responsabili politici della nostra cooperazione allo sviluppo dimostrerebbe realismo, chiarezza verso i contribuenti e la comunità internazionale oltre a senso di responsabilità se dichiarasse esplicitamente su quali raccomandazioni il governo s’impegna a produrre risultati misurabili entro fine legislatura.

martedì 15 dicembre 2009

Aiuto pubblico italiano 2008: ultimi dati OCSE

Aiuto pubblico italiano nel 2008: Dati DAC ufficiali.

Secondo i dati OCSE/DAC sull’aiuto pubblico allo sviluppo (APS) per il 2008, ufficializzati l’8 dicembre, il rapporto APS/PIL dell’Italia si colloca allo 0,22%, un incremento del 15% rispetto al 2007; restiamo sempre il penultimo paese europeo prima della Grecia. Al netto delle cancellazioni del debito il rapporto APS/PIL cresce del 12,5%, passando dallo 0,15% allo 0,18%, ma l’Italia è ultima nell’Europa dei 15, anche dopo la Grecia. Nel 2008 l’Italia ha sborsato 468 milioni di dollari in più in aiuto, al netto dell’inflazione, che si riducono a 234 scontando le cancellazioni del debito.

L’aiuto bilaterale, sul cui rafforzamento punta il governo Berlusconi rappresenta nel 2008 il 37%, in lieve salita dal 2007. Le cancellazioni del debito rappresentano il 18,5% di tutto l’APS italiano contro il 15% del 2007. Il 45% dell’aiuto bilaterale italiano è stato destinato all’Iraq, seguito in ordine dall’Afghanistan con il 6,3%, la Palestina col 3,8%, l’Etiopia e il Libano, entrambi con il 3,5%. Al netto delle cancellazioni del debito, la classifica dei primi cinque partner della politica di cooperazione italiana cambia: l’Iraq chiude in quinta posizione (5,8%), dopo l’Afghanistan - al primo posto con il 12,3% - , la Palestina col 7,4%, l’Etiopia con il 6,9% e il Libano con il 6,7%. Indonesia, Cina, Tunisia e Kenya hanno restituito all’Italia 62 milioni di euro, contribuendo ad aumentare le disponibilità della cooperazione.

All’Africa sub-sahariana è stato destinato il 30% dell’incremento dell’aiuto (70 milioni di dollari in più) contro il 50% promesso a livello europeo. Tuttavia, si contrae ulteriormente la quota di aiuto italiano bilaterale rivolto alla regione che tocca il minimo del 18,6% - la più bassa dall’approvazione della legge che disciplina la cooperazione italiana nel 1987. Al netto delle cancellazioni del debito, la quota per l’Africa sub-sahariana diminuisce al 30% dal 42% del 2007 con un aumento di 42 milioni di dollari (il 25% dell’incremento bilaterale).

Aumenta la quota di aiuti bilaterali destinata ai paesi meno avanzati (PMA) (al 25% dal 24%) un incremento in termini reali per 120 milioni di dollari. Al netto del debito, l’impegno verso i PMA rappresenta il 42% in crescita dal 37 con 110 milioni di dollari in più che sono il 66,5% dell’incremento bilaterale.

Per quello che riguarda l’investimento settoriale, come quota sul bilaterale, aumenta l’impegno italiano di oltre il 50% per investimento minerario, industria, commercio, acqua e governance, mentre si riduce il sostegno al settore energetico, ai rifugiati e alle ONG. Infine, aumenta l’investimento italiano verso i servizi essenziali di base, quali l’istruzione, igiene e salute di base, il 7% contro il 5,4% ed un aumento in termini reali assoluti di 100 milioni di dollari.

Un miglioramento importante riguarda l’aiuto legato, passato dal 40% al 20% del 200,un risultato ancora più importante se considerato al netto delle cancellazioni del debito, non legate per definizione ed una quota rilevante dell’aiuto italiano nel 2008: al netto del debito la quota legata è passata è dal 75% al 38%, passando dall’ultimo al quartultimo posto in Europa. Un risultato ancora più importante a fronte di un’attività creditoria costante e dove i crediti ormai costituiscono una quota inferiore al 50% del legato.

In sintesi, il quadro dell’APS del 2008,conferma che le maggiori debolezze dell’aiuto italiano riguardano gli stanziamenti finanziari e la destinazione geografica.


APS/PIL= miglioramento, ma penultimi in Europa;

APS/PIL, al netto del debito = miglioramento, ma ultimi in Europa;

APS per Africa sub sahariana = peggioramento;

APS per i Paesi meno avanzati =miglioramento;

APS a sostegno dei servizi essenziali di base = miglioramento, ma lontani dall’obiettivo del 7%;

APS legato = miglioramento, quartultima in Europa.

giovedì 10 dicembre 2009

La cooperazione decentrata 45 milioni di euro

Secondo una recente rilevazione, la cooperazione delle regioni italiane mobilizzarebbe annualmente 45 milioni di euro in interventi di cooperazione allo sviluppo. Più di un terzo vengono stanziati dal Trentino Alto Adige, inclusa la provincia, seguono la Piemonte (7 milioni), Lombardia (6 milioni) e Toscana (5,5 milioni). Complessivamente si tratta di cifre contenute, pari ai bilanci di quanto ONG come MSF e Save the Children assieme raccolgono annualmente da privati ed il 14% di quanto disponibile per la cooperazione del Ministero degli Affari Esteri.

martedì 24 novembre 2009

Cancellazioni del debito dell'Italia fino a giugno 2009.

Testo Prova Testo Prova

E’ stata pubblicata la Relazione sullo stato d’attuazione della legge 2009/01, che disciplina le cancellazioni e conversioni del debito verso i Paesi in via di sviluppo. Dall’ottobre 2001 al giugno 2009, l’Italia ha cancellato crediti per 6,48 miliardi di euro, il 61% in Africa. Il 68% delle cancellazioni si concentra nei primi cinque Paesi (Iraq, Nigeria, Repubblica democratica del Congo, Mozambico ed Etiopia). Il 56% delle ammontare cancellato è concentrato nel 2005, mentre dal 2007 e per gli anni successivi, la quota rappresenta appena l’1% del totale, a causa del progressivo esaurimento dei debiti cancellabili. L’ aiuto italiano che è stato incrementato per più di un quinto per effetto delle cancellazioni, si contrarrà colpita dal successo della legge 2009/01. Infine, l’86% delle somme cancellate deriva da operazioni d’assicurazione sulle esportazioni per le imprese italiane concesse dalla SACE. Si tratta di investimenti che non sono rientrati, per i quali lo Stato italiano ha deciso di rivalersi sul Paese partner, e non derivano da prestiti d’aiuto contratti dai Paesi in via di sviluppo che in seguito non sono stati in grado di ripagare.

mercoledì 18 novembre 2009

Italia penultima nella risposta alle emergenze umanitarie

Il centro di ricerca internazionale DARA ha pubblicato il terzo aggiornamento dell’indice annuale sull’efficienza degli Stati donatori nella risposta alle emergenze umanitarie. Quest’anno l’Italia ha perso due posizioni rispetto al 2008 scendendo dalla 19 alla 21 posizione ( su 23 donatori), appena al di sopra di Grecia e Portogallo.

L’Italia si trova costantemente nella parte bassa della classifica per ognuno delle dimensioni che compongono l’indice. E’ ventesima in termini di risposta ai bisogni umanitari e per generosità finanziaria rispetto agli altri donatori e si trova ancora più in basso per quanto riguarda la prevenzione del rischio, la capacità di lavorare con gli altri attori umanitari e penultima nella valutazione degli interventi.

Risultati più positivi l’Italia li registra per quanto riguarda la tempestività della risposta finanziaria in caso di disastri naturali (terzo posto) e nel finanziamento delle crisi dimenticate (tra i primi 10). Tuttavia è quindicesima per il finanziamento degli appelli d’emergenza dell’ONU, quartultima per capacità di valutare i bisogni ,terzultima per contributo al rispetto dei diritti umani in contesti di crisi, per trasparenza dei fondi, per capacità di salvare vite umane e per il rispetto della dignità umana, l’ultima per velocità di risposta finanziaria ai conflitti complessi. Secondo lo studio del DARA, nella relazione con i partner che realizzano interventi d’emergenza, lo stile di gestione dell’Italia genera condizioni che meetono a rischio l’imparzialità e quindi la sicurezza dell’intervento del partner dell’intervento d’emergenze dell’Italia.

Sempre stando all’indice, per migliorare le sue posizioni l’Italia dovrebbe ristrutturare il suo modo di operare in emergenza ispirandosi alle gestioni norvegese, svedese ed iralandese, che sono ai primi tre posti.

martedì 10 novembre 2009

il deficit italiano verso l'IFAD e le minori risorse dalle missioni internazionali nel 2009

L’Italia si era impegnata a versare all’IFAD 41 milioni di euro in tre anni entro il 2009. Arrivati praticamente alla scadenza, l’Italia è l’unico donatore ad avere pagato solo il 36% del promesso, seguita dal Belgio con il 50%, Francia con il 67% e il regno Unito che ha versato il 74%. Tutti gli altri donatori hanno versato ormai il 100%. Nelle nuove promesse di pagamento per il triennio 2009-2011, l’Italia ha incrementato il suo impegno del 56% ( 80 milioni di euro), confermandosi come secondo donatore “virtuale” IFAD dopo gli USA. Il mancato versamento dell’Italia può incidere significativamente sulle attività del Fondo per l’Agricoltura.

Con il terzo decreto del 2009 a fine ottobre che assegna agli interventi civili risorse addizionali sulla 49/87 per 6,8 milioni di euro, il 2009 si chiude con un saldo di 82 milioni di euro per interventi di cooperazione. Si tratta di risorse che, a consuntivo, si aggiungono ai 316 milioni di euro della legge 49/87. Lo scorso anno erano state stanziate risorse aggiuntive dal decreto missioni per 94 milioni di euro. In sintesi il raffronto 2008-2009 del finanziamento degli interventi di cooperazione via lo strumento della “proroga delle missioni” si chiude con un saldo negativo per 12 milioni di euro.

martedì 3 novembre 2009

La Coerenza delle politiche dell'Italia: i risultati del 2009

E’ stato pubblicato l’indice d’impegno per lo sviluppo globale ( Committment to development Index) del 2009 del Global Development Center. Si tratta di un indice che misura l’impegno dei Paesi OCSE a favorire lo sviluppo delle altre aree del globo non solo in termini di aiuto pubblico allo sviluppo ma sulla base dell’ impianto delle politiche di relazioni esterne, quali cooperazione allo sviluppo, commercio, investimenti, migrazione, ambiente sicurezza e ricerca tecnologica.

Nonostante i suoi limiti metodologici, il CDI è considerato un indice che misura la coerenza della politiche per lo sviluppo. Con un punteggio di 4,4, l’Italia si trova al quart’ultimo posto, sopra, Svizzera, Giappone e Corea del Sud, guadagna una posizione rispetto al 2008, ma torna ai livelli del 2007. E’ importante notare che i risultati del 2009 si riferiscono in realtà a politiche messe in opera nel 2008.

L’Italia migliora punteggio e posizione grazie all’aumento della quantità d’aiuto e ala crescita del numero di immigrati non qualificati e richiedenti asilo in Italia. Il risultato complessivo dell’Italia è, comunque, deludente per ognuno degli anni in cui è stato prodotto l’indice. Le limitate performance sono da attribuire ai bassi punteggi bassi ottenuti rispetto alla politiche di ricerca tecnologica, migratoria e di cooperazione allo sviluppo. Per quello che riguarda la politica di ricerca, l’indice penalizza l’Italia per i limitati investimenti pubblici e gli scarsi incentivi alle imprese che investono. Rispetto alle politiche migratorie, il basso punteggio dipende dalle percentuali molto basse di immigrati non qualificati e rifugiati per crisi umanitarie in Italia. Infine, per quello che riguarda la cooperazione allo sviluppo, l’eccessiva frammentazione in micro-iniziative, l’alta quota di aiuto legato, la debolezza quantitativa guadagnano all’Italia uno dei punteggi più bassi. Infine, rispetto alla proiezione geografica, l’insieme delle politiche delle relazioni esterne dell’Italia sembra favorire lo sviluppo sopratutto nell’area mediterranea mentre è l’Estremo oriente l’area più sfavorita.

lunedì 26 ottobre 2009

Aiuto pubblico allo sviluppo: Governo s'impegna ad aumentare risorse finanziaria

Il 21 ottobre sera, contro ogni previsione, l’Aula della Camera ha approvato con voto bi-partisan le mozioni di maggioranza ed opposizione relative alla cooperazione allo sviluppo, sulle quali il Governo aveva espresso parere favorevole, dopo la rimozione di un impegno e riformulazione in quella dell’opposizione.

Con le due mozioni, gli impegni quantitativi che il Governo assume per raggiungere lo 0,7% sono contraddittori ; entro il 2015 per l’opposizione, in un arco temporale più esteso per la maggioranza.


La mozione d’opposizione impegna il Governo:

• aggiornare gli strumenti legislativi e operativi della nostra cooperazione, anche sulla scorta dei lavori parlamentari prodotti nelle precedenti legislature;
• a prevedere - entro dicembre 2010 – per il finanziamento della legge sulla cooperazione allo sviluppo, risorse consistenti e riavviare il percorso di avvicinamento all'obiettivo di destinare all'aiuto pubblico allo sviluppo entro il 2015 lo 0,7 per cento del prodotto interno lordo;
• a riferire, entro fine dicembre in ordine agli stanziamenti previsti, ai centri di spesa e alle rispettive specifiche destinazioni delle risorse necessarie ad adempiere agli impegni assunti assunti quanto alla partecipazione italiana a fondi internazionali di cooperazione allo sviluppo.

I firmatari della mozione unitaria dell’opposzione sono: Quartiani, Volontè, Evangelisti, Maran, Pezzotta, Leoluca Orlando, Sereni, Tabacci, Borghesi, Bressa, Capitanio Santolini, Scilipoti, Giachetti, Binetti, Bobba, Palagiano, Calgaro, Causi, Fiano, Froner, Mogherini Rebesani, Rigoni, Sarubbi, Touadi, Vannucci, Zampa, Bossa, Realacci, Murer

La mozione della maggioranza è più blanda con nessuna scadenza temporale chiara per il Governo a riferire, ma impegna il Governo:

• a non interrompere il processo di graduale incremento del rapporto aiuto pubblico allo sviluppo/reddito nazionale lordo, registratosi nel 2008, anche mediante il versamento di contributi italiani pendenti, con particolare riferimento ai 150 milioni di euro dovuti al fondo globale per la lotta all'aids, alla tubercolosi e alla malaria (altrettanti saranno dovuti nel 2010), a una prima quota di quanto l'Italia deve come adempimento degli obblighi assunti con la Convenzione di Londra sugli aiuti alimentari;
• a dare continuità nel triennio 2010-2012, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, ad un piano di riallineamento dell'aiuto pubblico allo sviluppo che porti gradualmente l'Italia verso il raggiungimento degli obiettivi internazionalmente fissati;
• a garantire i fondi destinati alle risorse umane necessarie sul piano quantitativo e qualitativo;

I deputati di maggioranza che si sono esposti sulla cooperazione allo sviluppo sono: Boniver, Stefani, Iannaccone, Pianetta, Dozzo, Antonione, Baldelli, Pini, Marsilio, Nirenstein, Angeli, Biancofiore, Bonciani, Renato Farina, Lunardi, Malgieri, Migliori, Osvaldo Napoli, Nicolucci, Picchi, Repetti, Ruben, Zacchera.

lunedì 19 ottobre 2009

Gli italiani & l'aiuto pubblico allo sviluppo

A quattro anni dall’ultima rilevazione demoscopica a livello europeo, dedicata alla cooperazione allo sviluppo, l’Eurobarometro ha reso pubblici i risultati sulla sensibilità degli europei per i temi della solidarietà e cooperazione internazionale, nell’anno della crisi economica. Secondo l’Eurobarometro, il 32% degli italiani è a conoscenza degli MDG, il settimo paese più consapevole nell’Europa dei 27. A giudizio degli gli Italiani le due maggiori sfide che si trovano ad affrontare adesso i Paesi in via di sviluppo sono la povertà e la crisi economica, in linea con quanto risposto dalla media europea. Il 90% del campione italiano ritiene che sia importante aiutare i Paesi in Via di Sviluppo, con una flessione del 4% rispetto a cinque anni fa, collocando l’Italia in nona posizione nella UE, prima di Francia, Regno Unito e Germania. Sempre a giudizio degli Italiani, le ragioni che spingono i donatori a destinare aiuti sono più di tipo geopolitico: contribuire alla stabilità globale (27%), limitare i flussi migratori (24%), evitare l’espansione terroristica (24%), che di tipo filantropico (20%). Il 30% degli italiani pensa che siano le ONU l’organismo più adatto ad aiutare i Paesi in difficoltà. Nonostante la crisi economica, il 74% degli Italiani pensa che le promesse di incremento finanziario dell’aiuto debbano comunque essere mantenute, contro un 16% che vorrebbe congelare o ridurre i livelli d’aiuto.

martedì 13 ottobre 2009

La coerenza delle politiche dell'Italia

Il 19 settembre la Commissione Europea ha pubblicato i risultati del secondo “Rapporto della UE relativa alla coerenza delle politiche per favorire lo sviluppo dei Paesi partner”. La coerenza delle politiche è prevista dal trattato di Maastricht ed è diventata parte integrante dell’approccio europeo alla cooperazione allo sviluppo nel 2005, quando la UE ha indicato le politiche interne (12) dove maggiore era il rischio di generare effetti negativi sulle economie più deboli, tra queste commercio, energie, trasporti, armi. Da allora, ogni due anni la Commissione europea presenta un report che riunisce i contributi degli Stati Membri e chiarisce i progressi fatti nelle 12 aree. Il rapporto tace quelle che sono le aree di maggiori difficoltà né indica quali siano gli Stati Membri più in difficoltà nella messa a coerenza del loro sistema di relazioni esterne. Nel rapporto 2009 si fa riferimento alle buone pratiche dell’Italia per quanto riguarda le politiche migratorie, attraverso l’introduzione di visti d’entrata multipli, l’impegno per lo sviluppo di capacità locali di ricerca medica ed l’impegno ambientale con il sostegno al Carbon Fund della Banca Mondiale. Nelle risposte al questionario trasmesse dall’Italia alla Commissione europea, la cooperazione italiana ha autovalutato generalmente positivi i risultati raggiunti nelle 12 aree, tranne per le politiche d’integrazione tra povertà e migrazione, lo scarso impegno per la promozione dell’e-government e la messa in opera della strategia europea per l’energia dei Paesi in via di sviluppo.

venerdì 25 settembre 2009

Coerenza dell Politiche per lo sviluppo della Commissione Europea: poca memoria

Il 15 settembre la Commissione Europea ha pubblicato la nuova Comunicazione sulla Coerenza delle politiche (PCD) con gli obiettivi UE di cooperazione allo sviluppo. La pubblicazione è parte del programma biennale di valutazione della coerenza. E’ il Trattato di Maastricht che stabilisce l'obbligo per l’UE di tenere conto degli obiettivi della sua politica di cooperazione allo sviluppo nella messa in opera di tutte le politiche che potrebbero avere un impatto sui Paesi in via di sviluppo. Nel 2005 la UE aveva individuato 12 politiche d’intervento prioritario dove massimizzare le sinergie e ridurre le incoerenze con gli obiettivi delle politiche di cooperazione. Egualmente era stata predisposta una modalità di lavoro interna all’UE per consentire di creare la sufficiente spinta politica per eventualmente emendare un quadro normativo di una materia che frenasse il raggiungimento degli obiettivo di cooperazione allo sviluppo.

La Comunicazione del 2009 implicitamente riconosce i pochi progressi rispetto alle aree del 2005, se misurati in termini di cambiamento delle politiche e tenta di concentrarsi solo su 5 delle precedenti 12 aree.

Tuttavia, in mod poco organico ed argomentato, la Comunicazione introduce due nuovi concetti - l'approccio olistico dell’Unione allo sviluppo e l'Aiuto Pubblico allo sviluppo plus (APS plus) - che non definisce e poco hanno a che fare con la coerenza se non minare il lavoro previsto per ottenere risultati tangibili in futuro. Infatti mentre la PCD richiede una sforzo analitico nell'identificare gli impatti negativi delle politiche sui Paesi in via di sviluppo e mira ad ottenere delle modifiche sulla cornice normativa, i due nuovi concetti vogliono soprattutto monitorare le risorse finanziare verso i Paesi in via di sviluppo. Per le ONG europee, il tentativo della Commissione punta a distrarre l'attenzione dai limitati risultati raggiunti fino ad adesso in termini di coerenza oltre a tentare di creare una misura concorrente con l'APS, viste le difficoltà economiche degli Stati UE a rispettare le promesse quantitative sottoscritte in termini di aiuto pubblico.

mercoledì 5 agosto 2009

L’Italia e la fame nel mondo. Aiuti ridotti a un decimo. Dimezzati i fondi.


Il dimezzamento dei fondi dei Paesi ricchi al programma contro la fame, infatti, fa già mancare la benzina agli aerei che portano gli aiuti nei luoghi più remoti, più impervi, più disperati. E l’Italia, purtroppo, è tra i paesi più tirchi.

L’allarme viene lanciato dal sito del Pam, il Programma alimentare mondiale, la più grande organizzazione umanitaria internazionale, che dipende dalle Nazioni Unite e ha sede a Roma: il Servizio aereo umanitario ha «crescenti difficoltà a mantenere operativi i voli in molte parti dell’Africa a causa della drammatica scarsità di fondi». Cosa vuol dire? Vuol dire che nel giro di due settimane, se non saranno recuperati in tutta fretta 6,7 milioni di dollari, potrebbero essere sospesi i voli che nel Ciad consentono di raggiungere i campi profughi in cui sono ammassati 250.000 rifugiati del Darfur e altri 180.000 sfollati nel-l’est del Paese che hanno bisogno di assistenza. Per non dire di altri punti di crisi del pianeta, dalla Costa d’Avorio (dove già i voli sono stati soppressi a febbraio) all’Afghanistan. Il servizio costa 160 milioni di dollari l’anno: per il 2009 ne sono arrivati 40.

Quello dei voli umanitari, però, è solo uno dei problemi. Come ha denunciato l’altro giorno a Washington la direttrice, Josette Sheeran, il Programma alimentare mondiale «sarà costretto a quasi dimezzare gli aiuti per il 2009 portandoli da 6,7 a 3,7 miliardi di dollari». A dispetto delle promesse, ribadite per l’ennesima volta il mese scorso al vertice dei Grandi all’Aquila e a Roma, dove la Sheeran offrì alle «first lady» una tazza di plastica rossa simbolo della campagna per l’alimentazione scolastica (che nutre ogni giorno 22 milioni di bambini in una settantina di Paesi con una zuppa di cereali e vitamine), i contributi al Pam da parte dell’Occidente sono sempre più risicati.

Certo, non si può generalizzare. Il Giappone, stando alla banca dati OCHA per le emergenze alimentari e alle proiezioni sui contributi al 31 luglio rielaborate da Iacopo Viciani aumenta il suo apporto da 94 a 109 milioni di dollari e il Belgio da 17,9 a 20. Ma in genere i tagli per queste emergenze sono pesanti: gli Stati Uniti passano da 1.154 milioni a 854, la Germania da 50 a 33, l’Olanda da 58 a 12, il Canada da 184 a 49, il Regno Unito da 159 a 33... Insomma: sono un po’ tutti a serrare i cordoni della borsa. Come già li avevano serrati al G8 destinando ai paesi poveri quei 20 miliardi di dollari complessivi, pari a 13 millesimi dei fondi investiti per aiutare le banche e arginare la crisi finanziaria.

Spicca tuttavia il caso dell’Italia: da 40,4 a 3,3 milioni di dollari. Più che un colpo di forbice, un colpo di accetta. C’è chi dirà che il dato, in sé, non significa molto. Perché oltre alle «emergenze alimentari» ci sono altre forme di intervento e ogni Paese può autonomamente decidere di puntare di più, anno per anno, su questa forma o quest’altra. Tanto è vero che anche Paesi tradizionalmente generosi come la Svezia, in questa tabella, sembrano essere diventati improvvisamente sparagnini. Il fatto è che l’Italia (non solo col governo attuale: la tendenza è netta e, sia pure con qualche isolato ritocco, prosegue da molti anni) è agli ultimi posti in tutte le tabelle di questo genere. Tutte. Basti ricordare che, nonostante gli impegni del Cavaliere al G8 di Genova («Non basta lo 0,70 del Pil: gli stati ricchi dovrebbero dare ai poveri l’uno per cento!») siamo via via scesi coi nostri contributi al punto che quest’anno potremmo assestarci tra lo 0,15 e lo 0,17% solo grazie alla cancellazione di una parte dei debiti, altrimenti potremmo finire intorno allo 0,09: sette volte meno di quanto avevamo garantito. Dieci volte di meno di quanto Berlusconi, non a caso costretto ad ammettere «siamo nel torto assoluto» dopo essere stato bacchettato dal premio Nobel per la pace Desmond Tutu e da Bob Geldof, aveva incitato a fare.

Non c’è praticamente nulla, nel nuovo Dpef dove pure si riconosce che «alcuni Paesi in via di sviluppo hanno subito uno choc molto severo », sui nostri impegni per il Terzo Mondo. E i dati forniti dal Pam, che nel 2008 ha aiutato a sopravvivere 102 milioni di persone in 78 Paesi, non lasciano spazio a imbarazzate precisazioni: pur facendoci continuamente vanto di essere tra i Grandi, siamo retrocessi nel 2009 al 14˚ posto tra i Paesi che finanziano la guerra alla fame nel mondo. Avevamo dato al Pam, l’anno scorso, 101 milioni di dollari: siamo precipitati a 25. Un quarto.

Corriere della Sera 3 agosto 2009, http://www.cgil.it/RassegnaStampa/articolo.aspx?ID=1652

mercoledì 22 luglio 2009

Grecia: aiuto tagliato in assestamento di bilancio

Nella sessione di assestamento di Bilancio, il Governo greco ha tagliato il bilancio dell'aiuto allo sviluppo per 120 milioni di euro, alle disponibilità appostate a bilancio ad inizio 2009. Il riaggiustamento in corso di anno significa che molte iniziative deliberate prenderanno avvio solo nel 2010. Il parallelo assestamento di bilancio italino ha tagliato i fondi dell'aiuto per solo 1 milione di euro. Nel 2009, il Governo greco ha reso esplicito di non essere in grado di rispettare l'obiettivo europeo dello 0,51% per il 2010, riducendolo allo 0,35%.
Segnali preoccpanti arrivano anche dal possibile riorientamento strategico dell'aiuto greco che, secondo le dichiarazioni del Viceministro per gli Affari Esteri, nel 2009 sarà riorientato a combattere l'immigrazione clandestina.

mercoledì 15 luglio 2009

Approvato il Piano italiano per l'efficacia dell'aiuto

Il Comitato Direzionale del 14 luglio, presieduto dal Ministro Frattini, ha approvato il Piano nazionale per l’efficacia dell’aiuto. Per la prima volta, in Italia si approva un documento strategico interno che pare recepire e tradurre internamente in obblighi gli impegni internazionali sull’efficacia dell’aiuto. Dopo la prima Dichiarazione sull’efficacia del 2005, gran parte dei Paesi donatori si erano dotati di piani d’attuazione nazionali. L’Italia lo fa con tre anni di ritardo, ma recepisce il dibattito e gli impegni sull’efficacia fino alla fine del 2008. Si tratta di un documento di 11 pagine che contiene 26 azioni di riforma con scadenze precise. La redazione del documento, già annunciato alla fine del 2008 nella programmazione strategica pluriennale, è iniziata nel gennaio 2009 con il contributo attivo delle ONG. Il Piano è stato redatto soprattutto a Roma, che scarso coinvolgimento degli uffici territoriali della cooperazione italiana sui quali il Piano avrà il maggior impatto operativo, se implementato. Si tratta di una scelta contraria rispetto all’approccio di dell’efficacia, che punta a delegare le decisioni a livello Paese, ma parzialmente giustificata dalla struttura eccessivamente centralizzata della cooperazione italiana, dove ogni serio tentativo di riforma deve iniziare ancora da Roma. Il Piano entra ora nella sua fase più critica: quella della messa in opera, dove le riforme previste dovranno cambiare modi consolidati in oltre un ventennio di gestione della cooperazione ed è evidente che si incontreranno resistenze a Roma come sul campo. Perché il Piano non resti lettera morta, è necessario il continuo impegno della leadership politica ad alto livello, in modo tale da superare possibili resistenze ed insabbiamenti. Rispetto ai contenuti, il documento è sufficientemente ambizioso per essere salutato positivamente se verrà messo in pratica. L’unico disappunto riguarda le ambizioni rispetto all’aiuto legato. Le ONG chiedevano che il Piano si proponesse si studiare una riforma legislativa mirata della disciplina esistente per slegare i prestiti concessionali, legato per legge e che costituiscono la quota maggiore del legato italiano. Il piano s’è invece modestamente accontentato di studiare modi per avanzare nello slegamento dei crediti d’aiuto che non prevedano la riforma legislativa.

lunedì 6 luglio 2009

Solo 11% dell'aiuto 2009 destinato all'Africa Sub-sahariana

Dal 2005 l’Africa Sub-Sahariana ha perso peso nelle scelte allocative della cooperazione italiana che negli ultimi tre anni le destina in media circa il 39% dell’assistenza bilaterale, in riduzione costante, fino al minimo del 18% del 2008, contro una media europea del 34%. Da inizio 2009, a fronte di un impegno programmatico a destinare il 50% dei nuovi investimenti all’Africa Sub-sahariana, i nuovi stanziamenti verso la regione sono stati solo l’11% del totale - il 23% quelli verso i Paesi più poveri.

venerdì 26 giugno 2009

Il 71% degli italiani favorevole a mantenere l'impegno per l'aiuto pubblico allo sviluppo

In un recente sondaggio pubblicato da Oxfam su un campione rappresentativo della popolazione italiana, il 71% degli intervistati si è detto favorevole a mantenere la promessa di stanziameto dello 0,7% del PIL per l'aiuto, con un 41% favorevole ad un immediato aumento degli attuali stanziamenti - anche nel contesto di crisi economica. Infine interrogati sulle preferenze di allocazione, il 60% ritiene sia prioritario che gli aiuti finanzino l'accesso ai servizi sanitari pubblici nei paesi per i gruppi più poveri.

venerdì 19 giugno 2009

Aiuto alimentare: Italia in debito per 200 milioni di euro

Con la Convenzione sull'aiuto alimentare del 1999, i governi aderenti si sono impegnati a rendere disponibili annualmente prodotti alimentari per 2,5 milioni di tonnellate in equivalente grano. L'Italia si è impegnata a fornire una quota parte dell'aiuto pari a 36,2 milioni di euro annui. I contributi italiani si sono arrestati nel primo semestre del 2004, facendole accumulare un debito di circa 200 milioni di euro, fino ad oggi, unico Paese inadempiente degli impegni assunti.