Nonostante i suoi limiti metodologici, il CDI è considerato un indice che misura la coerenza della politiche per lo sviluppo. Con un punteggio di 4,4, l’Italia si trova al quart’ultimo posto, sopra, Svizzera, Giappone e Corea del Sud, guadagna una posizione rispetto al 2008, ma torna ai livelli del 2007. E’ importante notare che i risultati del 2009 si riferiscono in realtà a politiche messe in opera nel 2008.
L’Italia migliora punteggio e posizione grazie all’aumento della quantità d’aiuto e ala crescita del numero di immigrati non qualificati e richiedenti asilo in Italia. Il risultato complessivo dell’Italia è, comunque, deludente per ognuno degli anni in cui è stato prodotto l’indice. Le limitate performance sono da attribuire ai bassi punteggi bassi ottenuti rispetto alla politiche di ricerca tecnologica, migratoria e di cooperazione allo sviluppo. Per quello che riguarda la politica di ricerca, l’indice penalizza l’Italia per i limitati investimenti pubblici e gli scarsi incentivi alle imprese che investono. Rispetto alle politiche migratorie, il basso punteggio dipende dalle percentuali molto basse di immigrati non qualificati e rifugiati per crisi umanitarie in Italia. Infine, per quello che riguarda la cooperazione allo sviluppo, l’eccessiva frammentazione in micro-iniziative, l’alta quota di aiuto legato, la debolezza quantitativa guadagnano all’Italia uno dei punteggi più bassi. Infine, rispetto alla proiezione geografica, l’insieme delle politiche delle relazioni esterne dell’Italia sembra favorire lo sviluppo sopratutto nell’area mediterranea mentre è l’Estremo oriente l’area più sfavorita.
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